TAR LAZIO, sentenza epocale: Aifa e Ministero della salute hanno impedito che i medici curassero (liberamente) la Covid-19

16 Gen 2022|Libertà e diritti|

Migliaia di pazienti avrebbero potuto essere salvati dalle complicazioni fatali della CoViD-19.

Invano il 14 aprile 2020 quarantuno sanitari sottoscrissero una lettera informativa al Ministro della Salute italiana: «Secondo la nostra esperienza è invece proprio in queste fasi iniziali che andrebbe intrapreso il contenimento farmacologico dell’infiammazione per evitare che i suoi danni si accumulino».

Molti medici coscienziosi fin dagli esordi dell’emergenza sanitaria si sono dissociati da un discutibile protocollo ministeriale, prescrivente tachipirina e vigile attesa. Si deve all’avvocato Erich Grimaldi la nascita di un’associazione di medici (14 marzo 2020) che, con la successiva collaborazione dell’avvocato Valentina Piraino, si costituirà come Comitato Cure Domiciliari Covid.

Il Comitato ha affrontato una lunga battaglia per affermare il diritto di essere curati a casa con terapie tempestive volte a prevenire le complicanze della malattia, e quindi l’ospedalizzazione.

Il 15 gennaio 2022 finalmente il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, con la sentenza n. 00419:2022 REG.PROV.COLL., annulla la circolare del Ministero della Salute (aggiornata al 26 aprile 2021) che persevera nel prescrivere ai pazienti con infezione da SARS-CoV-2 “paracetamolo” e “vigilante attesa”, in quanto “si pone in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico nei termini indicati dalla scienza e dalla deontologia professionale”. Il TAR dunque riconosce che “è onere imprescindibile di ogni sanitario di agire in scienza e coscienza”.

Principio al quale –come forse i lettori ricorderanno– si appellava ripetutamente il Dott. Mariano Amici in alcune note trasmissioni televisive quando, dopo aver dichiarato di aver guarito centinaia di pazienti, suscitava nel conduttore e negli esimi ospiti non la (umana e utile) curiosità di sapere come avesse fatto, bensì la bieca ritorsione di essere denunciato all’Ordine dei Medici.

Ma il Dott. Amici, insieme a tanti altri colleghi, faceva esattamente il suo mestiere. Mentre l’AIFA e il Ministero della Salute, “imponendo ai medici vincolanti e puntuali scelte terapeutiche”, impedivano di fatto l’esercizio della libertà professionale dei medici nell’”utilizzo di terapie da questi ultimi ritenute eventualmente idonee ed efficaci”.

Stiamo assistendo, quantomeno nel nostro paese, al pericoloso (e penoso) svolgimento di un copione che prevede l’imposizione del fatto compiuto e la successiva rettifica di quel fatto ad opera degli organi di giustizia o di istituzioni responsabili. Ne è recente esempio anche il caso dell’Ema che ha messo in discussione le somministrazioni ravvicinate di dosi di vaccino, con la preoccupazione che in tal modo si possa danneggiare il sistema immunitario.

Sta di fatto che, sia nel caso di cure efficaci impedite, sia nel caso di vaccinazioni reiterate in breve tempo, quando il danno è fatto è tardi per  rimediarvi.

a cura di Rosaria Antona e Giorgio Armato

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