Valerio: storia di un protesta pacifica finita in Tso all’ombra di una democrazia in discussione

Valerio Tellenio aveva da poco compiuto 18 anni quando, il 5 maggio 2021, la preside della sua scuola chiamò la polizia e l’ambulanza per portare via lo studente. La dirigente dell’istituto Olivetti di Fano lo denunciò per interruzione di pubblico servizio. Il ragazzo si era reso “colpevole” di protestare contro l’uso della mascherina e, per manifestare il suo dissenso, si incatenò al banco con la catena della bici. Quando intervennero polizia e 118, Valerio fu portato in ambulanza al pronto soccorso, dove gli fu proposto di fare un tampone. Rifiutò, dato che non presentava sintomi e non era andato autonomamente in ospedale.

I due medici di turno decisero di applicargli il Tso (Trattamento Sanitario Obbligatorio), sostenendo che rappresentasse una minaccia per la salute pubblica. Tale decisione, presa senza ulteriori indagini sullo studente, venne ratificata dal sindaco Massimo Seri. Valerio fu poi trasferito nel dipartimento di salute mentale dell’ospedale San Salvatore Margiria a Pesaro, e vi rimase per quattro giorni. Durante il suo soggiorno, gli fu tolto il cellulare e fu posto in un letto con cinghie. Il giudice tutelare convalidò il Tso e i familiari impugnarono quella convalida. Non fosse altro per eliminare la stigma di un trattamento sanitario obbligatorio. Le conseguenze per Valerio al momento sono le peggiori. Il ragazzo, descritto come uno studente brillante, non si è mai più diplomato e cerca lavoro con grandi difficoltà.

Quando un Paese che si autodefinisce democratico risponde con misure violente e del tutto ingiustificate di fronte a manifestazioni di protesta pacifiche, emerge una contraddizione gravissima. Rivendicare i propri diritti attraverso proteste innocue è un diritto fondamentale, un pilastro in un sistema democratico, e l’approccio violento delle istituzioni in risposta a tali manifestazioni diventa un segnale inequivocabile del tradimento del sistema democratico. La storia di Valerio Tellenio rappresenta un capitolo emblematico delle violazioni dei diritti umani perpetrate nel nostro Paese durante l’emergenza Covid.

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