I lavoratori portuali di Trieste in prima linea a difendere il lavoro e la Costituzione

La posizione intransigente assunta dai portuali di Trieste ha mostrato all’intero Paese che anche in Italia c’è ancora la voglia di lottare per la difesa dei diritti fondamentali di TUTTI, e di farlo uniti, senza dividersi fra vaccinati e non vaccinati (come il sistema ha cercato di fare, riuscendoci sino ad oggi) o fra categorie politiche come destra e sinistra, ma sotto la bandiera comune della Costituzione della Repubblica.

Questo è il significato più importante che ci arriva dal Porto di Trieste, e la solidarietà giunta da altri porti italiani e, via via, da altre categorie (trasportatori ad esempio) dimostra che questo spirito c’è, ed è molto diffuso, ma sinora è stato represso un po’ dal timore delle conseguenze, ma anche dall’isolamento in cui molti di noi si sono trovati.

Domani scatterà l’obbligo di esibire il lasciapassare per tutti i lavoratori italiani e, se manterranno la posizione annunciata, i portuali triestini e gli altri che si sono schierati con loro, non lavoreranno. Ma anche per migliaia di imprese il rispetto delle prescrizioni si preannuncia assai arduo e costoso: il rischio che il Paese si blocchi e l’intero sistema vada in tilt è reale.

Per cercare di “piegare” questo inatteso fronte di resistenza, il governo ha inasprito ulteriormente le contromisure economiche verso chi non si presenterà al lavoro munito di greenpass, ma pare che l’efficacia dissuasiva di questa stretta sia molto scarsa.

Questa presa di coscienza collettiva, rispetto all’importanza dei propri diritti violati sino ad un limite divenuto intollerabile, ma anche rispetto al potere/dovere morale e civile di ognuno di noi di opporsi a questa ingiustizia su scala nazionale, è arrivata come uno tsunami quando ormai il governo pensava di aver raggiunto l’obiettivo (di controllo e sottomissione dell’intera popolazione) a costo zero (in termini sociali ed economici) e già da qualche giorno si vede come la coesione intorno alla “linea dura” di Draghi si stia scollando.

Ora è il momento di perseverare e compattarsi ulteriormente l’uno accanto all’altro, superando le divisioni e i pregiudizi che hanno sempre fatto il gioco di chi esercita il potere in maniera autoritaria perché non trova un fronte unitario che si opponga.

La Repubblica italiana, quella uscita dalle macerie della guerra, oggi può rinascere. Siamo tutti noi, donne e uomini di buona volontà, fedeli a quell’ideale e innamorati della nostra Terra, ad avere questa straordinaria occasione, per uscire da un incubo che dura da quasi due anni e che potrebbe diventare ancora più cupo se ci arrendessimo.

E come sempre, l’arma più efficace che abbiamo è il nostro cervello: se da domani tutti noi che condividiamo questo spirito diremo basta e non mostreremo più l’odioso lasciapassare, per lavorare né per altri fini, a costo di starcene a casa dal lavoro e non mandare a scuola i nostri figli, un giorno dopo l’altro, la nostra disobbedienza silenziosa e pacifica monterà come una marea inarrestabile e potrà scardinare l’intero sistema.

E ciò riaffermerà quanto stabilito proprio nel primo articolo della nostra Costituzione, al secondo comma: la sovranità appartiene al Popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

 

 

 

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